Non bastano piccoli ritocchi/Le proposte elaborate negli anni dai repubblicani

Scuola: tempi maturi per una vera riforma

di Guglielmo Castagnetti

Quando il presidente del Consiglio diede lettura della lista dei ministri e comunicò il nome del titolare di Istruzione Università e Ricerca, non mancarono le voci preoccupate per l'evidente sperequazione fra la scarsa esperienza della designata e l'enorme importanza e complessità del dicastero affidatole. Noi non fummo fra quelli, considerammo anzi quella scelta oculata e lungimirante, non priva di rischi ma sapientemente inserita nel filone delle intuizioni efficaci e un po' temerarie alle quali ci ha abituati il Cavaliere. Chi conosce bene le condizioni in cui versano le nostre istituzioni scolastiche e scientifiche sa bene che solo una rivoluzione radicale, innanzitutto sul piano culturale e poi anche di regole, di metodi e di organizzazione potrà salvare il sistema dal declino e dalla rovina.

E nessuno meglio di chi non ha legami con quel mondo lo può ribaltare dalle fondamenta, nessuno meglio di chi è così sicuramente estraneo all'argomento può affrontarlo senza condizionamenti e senza pregiudizi. Il dibattito sulla scuola italiana verte da almeno cinquanta anni sul come cancellare e seppellire Gentile. Dal convegno di Frascati dal 1970 in poi, il disegno doveva concretizzare l'adeguamento del nostro sistema formativo ai valori della Costituzione che, secondo la vulgata dominante e il sessantottismo trionfante, sono quelli della massificazione, dell'egualitarismo, della socializzazione forzosa e dell'assistenzialismo perenne. L'arrivo di un ministro che certamente ignora Gentile, ma che probabilmente ignora anche le acrobazie pseudoculturali dei suoi detrattori, poteva essere la scelta giusta. Dalle prime avvisaglie però non è così.

Anziché predisporre una riforma che riconsegni alla scuola le sue funzioni, liberandola da tutte le incombenze arbitrarie che la soffocano, si è affrettata a promettere continuità e si è sperticata in apprezzamenti per quello che trovava, bisognoso a suo avviso soltanto "di piccoli ritocchi". Anziché offrire a Tremonti un progetto di scuola finalmente serio ed efficiente e per questo anche meno dispendiosa perché impegnata esclusivamente nei compiti suoi propri, ha cercato goffamente di minimizzare la portata dei tagli e la drastica riduzione del personale prevista dal Dpef. E così il sostanziale superamento del modulo dei tre maestri per classe, il ritorno al maestro unico, e il ripristino di un corretto modello formativo, viene avvilito a mera esigenza di bilancio. Per non parlare delle sconcertanti esternazioni sul tempo pieno. Il tempo pieno generalizzato è forse il sintomo più vistoso e la causa più rilevante dell'involuzione della nostra scuola. E' deresponsabilizzazione dell'insegnante, delle famiglie e dell'allievo, è cancellazione del merito e dello studio individuale, è banalizzazione del sapere e riduzione della scuola a struttura sociale e custodiale. Necessario in situazioni di disagio ambientale e familiare per sostituirlo alla ordinaria attività didattica, ma assolutamente da non assumere come modello valido per tutti.

Dunque, se Tremonti taglia i fondi per il tempo pieno, merita un plauso e non le impacciate rassicurazioni del ministro che promette una continuità della quale nessuno avverte il bisogno. E sull'università poche parole: la metà almeno è sorta per ragioni clientelari e localistiche; è di infima qualità ed è servita soltanto a moltiplicare cattedre, rettorati e consigli di amministrazione. Con la metà degli atenei si potrebbero ridurre le spese e aumentare considerevolmente gli stanziamenti per le università vere che oggi sono in difficoltà e le si libererebbe anche dalla concorrenza sleale che debbono subire da parte delle università fasulle pubbliche e private. Sbaglia Bossi a mettere sotto accusa il ministro "perché non ha mai insegnato". Non è una colpa. La colpa sarebbe il non voler agire e il non voler imparare. Perché la questione che ci troviamo di fronte non nasce improvvisamente oggi. Basterebbe che al ministero trovassero il tempo per leggere la raccolta di atti, osservazioni e proposte di legge elaborati nel corso degli anni dall'ufficio scuola del Pri sotto la guida di Giuseppe Galasso, Ethel Serravalle e Luisa La Malfa e avrebbero soluzioni adeguate per una scuola meno costosa, più efficiente e autenticamente formativa. Nel passato è mancata una maggioranza politica che sostenesse quelle idee. Oggi che la maggioranza c'è, è giusto attendersi che il ministro faccia fino in fondo la sua parte.